Giro di vite gastronomico del Comune di Lucca. La giunta comunale ha infatti approvato il nuovo regolamento sugli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande che prevede, tra l’altro, il no all’apertura di nuove pizzerie veloci, al taglio, così come kebab e ristoranti etnici. Immediate le polemiche.
La limitazione, secondo quanto deciso in consiglio comunale verrà applicata solo ed esclusivamente al centro storico, inteso come il territorio dentro i 4 km quadrati delle mura urbane, e riguarderà gli esercizi già esistenti o in caso di subentro.
Il nuovo regolamento è in pratica un aggiornamento di una precedente disposizione, assunta nel 2000 dal Comune di Lucca, che aveva individuato una serie di attività appartenenti al settore del commercio, artigianale e della somministrazione di alimenti e bevande, incompatibili con le esigenze di tutela e valorizzazione del patrimonio storico-ambientale e di qualificazione della zona più centrale della città.
A Lucca, come in moltissime città i locali hanno assunto il ruolo di luogo di ritrovo per i giovani, che spesso si fermano a chiacchierare fuori: il Comune ha voluto porre un freno anche a questo, prevedendo che sia il titolare a dover sorvegliare che gli avventori non consumino in strada ‘creando, con questo comportamento, raduni di persone che ostacolino il normale scorrimento veicolare e/o pedonale, impediscano il riposo dei cittadini nelle ore notturne, diano origine a risse e incidenti o ostruiscano il normale accesso alle abitazioni’.
Sempre il titolare, poi, dovrà aver cura che i giovani non vadano a sedersi sui gradini di monumenti, in luoghi destinati al culto nei pressi del locale o in luoghi di interesse storico, artistico o aree pubbliche. Un provvedimento che i giovani lucchesi non hanno accettato bene, tanto che già si sono sollevate le prime voci di protesta.
Non sono quindi mancati i consensi nè le polemiche , e riportiamo alcune dichiarazioni in merito.
Dice il presidente della provincia di Lucca
”La pur condivisibile esigenza di tutelare e valorizzare il nostro centro storico – sottolinea Baccelli – niente ha a che vedere con questo divieto, che anzi rischia di colpire in modo negativo la citta’. Nelle realta’ urbane di tutto il mondo sono oggi presenti ristoranti etnici che riscuotono il favore della gente contribuendo a richiamare visitatori e a garantire vitalita’ e sviluppo economico. Inoltre, fatto salvo ovviamente il rispetto delle normative che devono valere per tutti, impedire l’apertura di attivita’ gastronomiche che guardino ad altre culture, appare, anche in via di principio, discriminatorio. E suona tanto piu’ odioso – conclude Baccelli – per noi italiani, che, pensiamo solo alla pizza, abbiamo riempito il mondo di pizzerie ‘Bella Napoli’ e ‘Italia”’.
Contro il regolamento adottato a Lucca si schiera anche l’Adoc, Associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori, secondo cui si attua una violazione della concorrenza.« Non condividiamo la scelta del comune di Lucca di discriminare i ristoranti etnici – dichiara Carlo Pileri, presidente dell’Adoc – in quanto si realizza una violazione del libero mercato e della concorrenza. Capiamo lo sforzo di tutelare le tradizioni locali e i piccoli esercizi, ma crediamo che sia più opportuno prevedere interventi fiscali di sostegno e bloccare il costo degli affitti dei locali, dai ristoranti tipici alle botteghe artigianali ai mercati rionali, che mantengono viva la memoria storica delle città. È necessario salvaguardare questo settore del commercio, sempre più in crisi, anche per prevenire un impoverimento economico e culturale dei comuni stessi, ma operando sempre nel rispetto della concorrenza e delle regole di mercato».
«Mi sembra una norma chiara, applicabile anche in Lombardia – afferma il consigliere regionale Carlo Saffioti- bisogna tutelare le nostre città, affinché non diventino mercati all’aperto tipo Rimini».
Il regolamento toscano è molto simile a quello proposto da tempo da un altro consigliere regionale lombardo, Daniele Belotti. «Io l’ho copiato da loro perché sono molto bravi – spiega. Al di là delle ideologie, la domanda è sempre la stessa. Si vuole tutelare il tessuto storico urbanistico e commerciale della città antica oppure si vuole che possa aprire qualsiasi tipo di attività anche in piazze prestigiose delle quali si tutela addirittura il colore delle tende o dei tavolini dei bar? Un ristorante cinese o un sexy shop migliorerebbero il fascino di piazza Vecchia a Bergamo?».
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